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Il governo e i tanti “boh” della gente comune

Il governo e i tanti “boh” della gente comune

La crisi di governo forse non ci sarà. Di sicuro, però, c’è la sistematica tendenza del governo gialloverde a tenere nell’incertezza il futuro dell’economia. È proprio questa abitudine che dovrebbe finire, prima ancora dell’esecutivo Conte.

C’è chi dice “boh”

Il governo di un paese – ogni governo, di qualsiasi colore, che voglia o meno cambiare le cose rispetto al passato – con le sue azioni e le dichiarazioni dei suoi ministri deve indicare una direzione di marcia a milioni di famiglie e imprese che ogni giorno decidono se e come investire i loro soldi, se fare acquisti o risparmiare, se aprire un nuovo punto vendita o chiuderlo, se cercare un lavoro vicino o lontano da casa, dentro o fuori dal paese. La gente comune – che il governo gialloverde afferma di voler tutelare dopo anni di sfruttamento da parte delle élite – ha bisogno di conoscere le condizioni nelle quali prende le sue decisioni quotidiane. Ed è su questo metro che si giudica la capacità di un esecutivo di fare il suo mestiere.

Una prima domanda a cui la gente deve dare una risposta è: nel 2020 le tasse scenderanno? Da un lato, il vice-premier Matteo Salvini ha spiegato alle parti sociali riunite al Viminale che il prossimo anno le tasse saranno più basse. Ma non è scritto così nei documenti ufficiali, l’ultimo dei quali è il Def 2019 di aprile che – nella sua Sezione I, Programma di stabilità dell’Italia, tabella III.1, pagina 44 – per il 2020 indica un aumento delle entrate dal 46,5 al 47,1 del Pil. Quindi l’uomo forte del governo dice che le tasse scenderanno, ma i documenti ufficiali del governo di cui è vicepresidente del Consiglio affermano che saliranno. Perciò, alla domanda “nel 2020 le tasse scenderanno?”, la risposta della gente comune (e anche delle élite, veramente) è quella che danno i bambini delle scuole elementari quando la maestra fa loro una domanda difficile. La risposta è “boh”.

La ragione principale per cui le tasse potrebbero non scendere è perché la legislazione già approvata prevede che nel 2020 scattino aumenti automatici dell’Iva. Ma Salvini (e per la verità ogni altro politico italiano di governo e di opposizione) dice, giura e spergiura che “No, l’Iva non salirà”.

Nei documenti ufficiali spediti a Bruxelles i conti del governo sono però fatti calcolando un aumento dell’Iva per 23,2 miliardi, pari a 1,1 punti di Pil. A Bruxelles prendono così sul serio l’impegno del governo in questo campo che già dal 2017 le previsioni relative ai conti del nostro paese sono fatte ignorando questi impegni “di salvaguardia”, per quanto contenuti nei documenti ufficiali. E così i documenti ufficiali dicono che l’Iva salirà, la politica italiana in coro lo nega, l’Europa crede ai politici italiani e non ai documenti ufficiali. In ogni caso, alla domanda “l’Iva aumenterà nel 2020?” la risposta della gente comune è – ancora – un “boh”.

A parte gli aumenti dell’Iva, la speranza di vedere una riduzione delle tasse è associata all’impegno – assunto da Salvini già nella campagna elettorale del 2018 e sulle sue t-shirt variamente colorate fin dal 2014 – di introdurre la flat tax al 15 per cento, cioè di riformare alla radice il complicato sistema fiscale italiano sostituendo alle cinque aliquote attuali (23, 27, 38, 41 e 43 per cento, a seconda dello scaglione di reddito) un’aliquota di imposta piatta (flat) cioè indipendente dal livello di reddito. Una misura finanziata – pare – parzialmente in deficit e parzialmente eliminando il bonus di 80 euro mensili di Matteo Renzi per i percettori di redditi compresi tra 8 e 26 mila euro e diboscando la giungla delle deduzioni e detrazioni per mutui, assistenza sanitaria, ristrutturazioni edilizie e simili, cioè riducendo la spesa pubblica. Quali deduzioni e detrazioni verranno esattamente eliminate non è ancora noto. Forse perché – per esempio – eliminare la detrazione per le spese sanitarie o per il mutuo sarebbe percepito come un aumento di tasse. Per tagliare le tasse si aumentano le tasse. Se attuata davvero, quella di Salvini sarebbe una vera rivoluzione fiscale che – postilla – obbligherebbe ogni famiglia a fare i conti per capire se ci perde o no e se convenga o meno aderire al nuovo regime fiscale. Già perché la rivoluzione (nella versione dell’ex sottosegretario Armando Siri) prevede un paracadute, un piano B: se un individuo o una famiglia a seguito della riforma fiscale si trovasse a pagare più tasse, potrà (potrebbe) optare per il regime attuale, inclusivo di deduzioni e detrazioni. Alla faccia della semplificazione. Insomma, alla domanda “ci sar

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Francesco Daveri
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